La Cassazione estende la ratio garantista del principio di irretroattività all’applicazione delle pene accessorie sulla scorta dell’art. 445, comma uno-ter, c.p.p., così come introdotto dalla l. n. 3/2019 (cd. Spazzacorrotti).
Abstract: I giudici di legittimità hanno risolto la questione interpretativa sottoposta al loro vaglio stabilendo con chiarezza che il principio di legalità della pena preclude l’applicazione dell’articolo 445, comma uno-ter, c.p.p., ai fatti commessi prima della data di entrata in vigore della l. n. 3 del 9 gennaio 2019.
Nello specifico detta disposizione statuisce che il giudice possa applicare le pene accessorie di cui all’articolo 317-bis c.p., per taluni delitti in materia di pubblica amministrazione, in deroga alla preclusione generale riguardante i casi di patteggiamento con pena irrogata non superiore ai due anni di pena detentiva, soli o congiunti a pena pecuniaria, di cui all’art. 445, comma 1, c.p.p.
A tal proposito la Cassazione ha richiamato, sia il principio di irretroattività così come sancito a livello costituzionale e sovranazionale, sia le conclusioni a cui è pervenuta la recente sentenza n. 32/2020 della Corte costituzionale, che ha affermato la necessità di garantire una ragionevole prevedibilità delle conseguenze a cui il soggetto agente si esporrà trasgredendo il progetto penale, da considerare quale limite ineludibile al legittimo esercizio del potere politico e requisito coessenziale al concetto stesso di Stato di diritto.
Di conseguenza l’interprete è tenuto ad adottare una lettura in termini sostanzialistici degli interventi di riforma legislativa che non si limitino ad introdurre mere modifiche delle modalità esecutive della pena, ma che comportino una vera propria trasformazione della natura della sanzione e della sua concreta incidenza sulla libertà personale, tanto da venire in considerazione una pena che è sostanzialmente un aliud rispetto a quella prevista al momento del fatto.
Articolo pubblicato in Processo Penale e Giustizia, fasc. 3 – 2022.